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Un crepuscolo senza dei: la triste fine del Teatro dell

La notizia di qualche giorno fa è di quelle che non possono lasciare indifferenti, non solo le persone che vivono con la musica e di musica, ma anche il pubblico più distratto e lontano da questo mondo: il Sindaco Marino e il CdA del Teatro hanno deciso di avviare la procedura di licenziamento per Coro e Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma.

Questa decisione arriva come epilogo di un lungo periodo di tensioni sindacali da un lato e di debiti accumulati dall'altro. Nei mesi passati avevamo assistito al braccio di ferro tra il Sovrintendente Fuortes e i sindacati dell'orchestra, mentre le notizie del deficit dell'Opera sono ormai vecchie di decenni: il Sovrintendente Ernani si lamentava della situazione lasciata da chi c'era prima di lui, De Martino criticava la gestione Ernani, ora si dice che i predecessori di Fuortes hanno lasciato 12 milioni di euro di debiti. Sarà. Vero è che nella confusione sovrana che regna, è anche difficile stabilire con esattezza l'ammontare di questo debito: da anni ognuno spara le sue cifre.

Va detto che la scelta, violentissima, attuata da Fuortes con l'avallo di tutto il mondo politico che conta (Marino, Zingaretti, Franceschini, la destra, come al solito, non pervenuta), fatta cadere proprio in questo momento, ha tutto il sapore della vendetta contro un'orchestra ritenuta responsabile dell'improvviso (anche se non del tutto imprevisto) addio di Riccardo Muti al Teatro. Comprendiamo le smentite ma, come dire, il sospetto rimane.

Qui tuttavia iniziano le riflessioni: è davvero solo colpa dell'orchestra se Muti se ne è andato? Diciamo la verità: Muti è sempre stato un player troppo importante per giocare in questo teatro. Se una simile star ha lavorato per tutti questi anni a Roma, non è successo per caso: la decisione è maturata dopo il violento addio del Maestro alla Scala di Milano. Non si può non credere che nella decisione di venire a dirigere opere qui, molto abbia giocato in Muti il desiderio di far vedere a quelli di Milano che l'opera in Italia era lui e che, anche senza Scala, ancora lui sarebbe stato in grado di offrire spettacoli capaci di attrarre l'attenzione di tutto il mondo culturale italiano e non solo.

Per carità, Roma ha tratto profitto da questo conflitto, però non c'è molto da sorprendersi se, passati gli anni, dimostrato quello che si voleva dimostrare, oggi Muti ritenga più allettante dirigere a Vienna o in altri teatri top league: è anzi del tutto naturale. Oggi purtroppo Roma, nel panorama musicale, non è Vienna, non è Berlino, non è Parigi, e potremmo continuare così per un bel po'. Ahimè, è una città di medio livello, dove, con poche eccezioni, si esibiscono artisti di medio livello, e questo è ancor più vero nel circuito lirico: la sinfonica, grazie all'Accademia di Santa Cecilia, riesce a fare un po' meglio.

Se appare quindi del tutto normale che un direttore come Muti abbia ripreso la sua orbita gravitazionale attorno a ben altri pianeti, meno normale appare questo tentativo del Sovrintendente di scaricare tutta su gli orchestrali la colpa del botto. Una domanda sorge spontanea: il Sovrintendente non aveva colto il malumore del Maestro? Bisognava arrivare a due mesi dall'inizio della stagione per far deflagrare il problema? Sembra chiaro che qualche grave errore di gestione c'è stato: non si può presentare una stagione e poi ritrovarsi senza la star principale a pochi giorni dall'inizio, è una cosa che proprio non può accadere, e se è accaduta, vuol dire che qualcuno ha, se non dormito, sonnecchiato.

Oggi quindi si vuole scaricare la colpa di tutto sull'orchestra e sul coro e far pagare loro le colpe di molti. Si viene a dire che l'orchestra dovrebbe fare come i Berliner, darsi una sorta di autogoverno, ricomporsi in cooperativa, accettare condizioni contrattuali molto più penalizzanti e andare avanti come prima. Quanto è realistico che tutto questo accada?

Neanche un po'. Roma, appunto, non è Berlino, Vienna o Parigi. Si può credere che dei musicisti attaccati, umiliati, messi alla berlina, adesso si ricompongano a mo' di gregge e accettino questa decisione? Ovviamente no. Ci aspettano mesi di carte bollate, ricorsi e controricorsi di ogni tipo. Il risultato sarà che la stagione non partirà e il Teatro dell'Opera andrà verso la chiusura. Spero proprio di sbagliarmi, ma secondo me questo sarà il finale del film.

Qualcuno dirà che, tutto sommato, se il film finisce così, non è poi male. Dato che le amministrazioni pubbliche erogano ogni anno decine di milioni di euro a questa Istituzione, se chiude l'Opera magari si riusciranno finalmente a finanziare decine di realtà più piccole che potranno dare molteplici frutti, alcuni forse anche molto buoni.

Però certo, se ciò dovesse accadere, una forte dose di tristezza e amarezza non potrà che rimanere nel cuore di tutti coloro che la musica la amano, la sentono, la vivono. In quel Teatro hanno cantato tutti e suonato tutti. Ha una storia gloriosa alle spalle, dalle opere dirette da Giulini alla famosa Norma con la Callas che fece scandalo in tutto il mondo per il forfait della Divina.

Ma siamo ormai in tempi di saldo Italia. Vendiamo tutto, tagliamo tutto, distruggiamo tutto, perché salvare da questa mattanza l'Opera di Roma? Certo, fa sorridere ritrovarci un Presidente del Consiglio che solo ieri da Assisi veniva a dirci che dobbiamo essere orgogliosi di noi perché noi siamo l'Italia. Ma chi pensa di prendere in giro?

Un ultimo pensiero, molto personale e commosso, va ad alcuni musicisti che hanno suonato e suonano nell'orchestra: strumentisti semplicemente fantastici, artisti sensibili ed intelligenti, vere eccellenze della musica e del loro strumento. Della vicenda Opera si pensi e si dica quello che si vuole, ma non si offendano gli artisti: molti commentatori, prima di mettere in un calderone tutti coloro che suonano al Teatro dell'Opera, si sciacquino la bocca. Con l'arte non si scherza. Neanche quando è al crepuscolo.

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