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Tutti ricordano le proteste in piazza avvenute più di due anni fa in occasione del varo da parte del Parlamento della cosiddetta legge Gelmini di riforma dell'Università. Alcuni affermarono che quella legge significava la fine dell'Università pubblica.

Tutta colpa di Maria Stella lo stato di confusione e sfascio che è ormai la cifra dominante dell'Università italiana? Ahimè non credo proprio. I mali venivano da assai prima.

Come nelle fiabe, si potrebbe dire “c'era una volta il piano di studio”. Alcuni ricorderanno le lauree quadriennali o quinquennali... le care vecchie lauree, in cui gli studenti avevano un piano di studi che era formato da un elenco di esami, un semplice elenco di 20-25 nomi.

Tutto questo, oggi, non esiste più. Nel lontano 1999 fu varata dal governo D'Alema una meravigliosa riforma ad opera di tale ministro Ortensio Zecchino dell'Udeur, il DM 509. Da allora tutti gli esami sono pesati in crediti, i famosi cfu (crediti formativi universitari). Oggi quindi non basta dire che uno studente deve dare un esame di Letteratura Italiana. Bisogna sapere quanti cfu vale questo esame, se 4-5-6-12 cfu.

Questa riforma fu voluta per rendere l'Italia più simile agli altri paesi europei, dove un sistema di pesi era in vigore da tempo, per rendere quindi più semplice la mobilità studentesca e il riconoscimento dei rispettivi titoli di studio tra stati diversi.

Secondo la più perfetta attuazione del principio dell'eterogenesi dei fini, una riforma pensata per internazionalizzare il sistema...è in realtà servita a ben altro. Quel famoso elenco di esami di cui dicevamo prima, la bella lista con 20-25 titoli, è diventata di 30-40 solo per conseguire un titolo triennale. Questo perché i docenti hanno scoperto quanto poteva essere facile creare a tavolino nuovi insegnamenti, inventarsi una domanda per giustificare un'offerta (di insegnamenti) e dare così spazio ai propri allievi o ai propri amici, per riceverne in cambio favori nell'ambito della politica accademica.

L'insegnamento deve essere libero, chi oserebbe mai intromettersi nelle decisioni dei sovrani organi accademici! Nulla da obiettare quindi se da allora praticamente tutti gli anni i corsi di laurea si sono sentiti autorizzati a cambiare i propri regolamenti, a modificare le carriere degli studenti. Ricordo che anni fa c'erano persone che aspettavano 5-6 anni per fare un esame...ma l'esame rimaneva sempre quello. I curriculum stavano lì, era alla responsabilità e alla capacità del singolo studente metterci poco o tanto per finire il proprio ciclo di studi. Oggi pur rispettando i tempi alla lettera e andando veloci con gli esami, le difficoltà non diminuiscono perché a volte gli esami cambiano prima che lo studente riesca ad accorgersene. Tutta la carriera accademica di uno studente è diventata una corsa al tapis roulant dove chi si ferma è perduto.

Queste sono le colpe del corpo docente e delle singole università...ma il Ministero? Da anni è perso in una ridicola e antieconomica informatizzazione e burocratizzazione del sistema. Ormai agli studenti è chiesto un surplus di attenzione per rispettare scadenze, iscrizioni, domande preliminari, domande definitive...tutto questo solo perché il MIUR ha voglia di tenere tutti sotto controllo e avere più dati possibili da caricare sul proprio sito internet. Questa iper informatizzazione ha significato solo una iper burocratizzazione dell'università, non maggiore semplificazione. In barba ad ogni principio di economicità e razionalità.

La soluzione? Difficile a trovarsi. Al DM 509 è seguito il DM 270/2004...e non è servito a nulla. A questo nuovo decreto è seguita la legge Gelmini...che le Università oggi stanno cercando di aggirare in tutti i modi perché il sistema non cambi e resti uguale a se stesso. Il vaso di Pandora è stato aperto nel momento in cui gli esami sono stati polverizzati nella farsa dei cfu. Ormai il danno è fatto...e rimettere insieme i cocci sarà compito davvero arduo.