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Il Miracolo di San Claudio, dal 2003 a oggi, da Lucerna con amore

 


Il giorno in cui Claudio Abbado, tra lo sconcerto dell'intero mondo della musica, annunciò che non avrebbe rinnovato il proprio contratto come direttore principale dei Berliner Philharmoniker, aggiunse anche che a partire dall'anno successivo (2003) avrebbe dato nuova vita all'Orchestra del Festival di Lucerna. E così fu. Questa compagine, nata con il primo festival diretto da Toscanini nel '38 e sopravvissuta negli anni con fortune alterne, ha trovato dal 2003 una nuova vita attraverso il progetto artistico di Abbado. L'Orchestra del Festival è basata su uno "zoccolo duro" costituito dalla Mahler Chamber Orchestra (non male come zoccolo) a cui Abbado ha aggiunto una lunga lista di friends quali Sabine Meyer, Alessio Allegrini, Natalia Gutman, Bruno Weinmeister, Jacques Zoon, Emmanuel Pahud, Kolja Blacher e tanti altri. L'orchestra è diventata così una formazione all star, di dimensioni gigantesche, in grado di eseguire praticamente qualunque tipo di repertorio.

Da dieci anni quindi si ripete questa sorta di "miracolo di San Gennaro" del mondo della musica. Amanti della musica da mezzo mondo vengono a Lucerna per toccare di persona questo Genio che diventa carne e diventa musica, per assistere a queste esecuzioni sublimi, assolute, realizzate da un'orchestra che non esiste se non per il mese dell'anno durante il quale tutti i componenti si incontrano per provare e per dare i concerti. E ogni anno, puntualmente, il miracolo si ripete.

Questa sera abbiamo ascoltato l'Overture Tragica di Brahms, l'Interludio sinfonico e il Waldtaube Lied dai "Gurre - Lieder" di Schönberg e la Sinfonia Eroica di Beethoven. Un concerto memorabile.

Il Brahms iniziale è passato un po' inosservato, un po' perché appunto era all'inizio, un po' perché schiacciato dalla bellezza delle altre musiche in programma. Lo Schönberg invece è stato fantastico, a cominciare dalla bravissima cantante, il contralto Mihoko Fujimura, dalla voce profonda, bella, perfettamente intonata e adatta alla parte. Bellissimo il suono dell'orchestra, potentissimo nei tutti (un organico immenso, con 10 contrabbassi e 4 arpe), capace di realizzare i suoni più diversi, dal terrore dei fortissimi alla dolcezza dei pianissimi.

Ma il pezzo forte della serata era sicuramente nella seconda parte del concerto. Ancora una volta l'Eroica diretta da Abbado...e ancora una volta una interpretazione totalmente diversa dalla precedente. Gli appassionati ricorderanno certamente il ciclo Beethoven realizzato da Abbado con i Berliner, e portato in tournèe anche a Roma: basandosi sull'edizione critica di Jonathan del Mar, Abbado aveva dato delle letture di tutte le sinfonie molto veloci, leggere, aggressive, con organici a ranghi assai ridotti.

Questa sera invece abbiamo assistito ad nuova rivoluzione copernicana: l'organico si fa molto più ricco (ben 6 contrabbassi), il tempo molto più lento e sofferto. Il risultato musicale...è indescrivibile. L'orchestra diventa un pianoforte nelle mani di Abbado. Lui sa, lui tocca ogni singolo strumento, illumina prima un fiato, poi un altro, prima una sezione degli archi, poi un'altra, poi una tromba o i timpani. Abbiamo scoperto questa sera delle legature, dei colori, dei piano e dei forte a cui nessuno aveva mai fatto caso prima. L'orchestra ha suonato magnificamente, al limite di quanto ci si possa umanamente attendere da un'orchestra pur fatta di umani, capace di cambiare suono ad ogni battuta, pur mantenendo il senso delle frasi, di ogni frase musicale. Non c'era una nota, una sola, che non avesse un suo proprio posto ben definito all'interno dell'esecuzione.

Tutto magistrale, tutto perfetto: una esecuzione come questa mette in imbarazzo le migliori disponibili su cd, viene quasi il dubbio se sarà possibile ascoltare ancora un'Eroica, dopo avere ascoltato questa. Qualcuno forse dirà che Abbado ha pure esagerato, che si è inventato dei rallentati dove non ce ne sono e degli accelerando che non esistono. Può darsi: in ogni caso esistevano nel gusto musicale dell'intepretazione. Questa sera tutto era coerente con se stesso e con il pensiero del direttore, tutto filava, tutto era perfetto in sé. Quindi, almeno per me, a posto così.

Abbiamo ascoltato una Marcia Funebre che andava oltre Beethoven, piena di umanità, che in qualche misura anticipava Mahler e tutta la drammaticità del XX secolo. Forse Beethoven aveva solo intuito i significati nascosti nella propria musica...Abbado ha il merito di averli scovati, ripuliti e mostrati anche a noi, semplice e umile pubblico di inizio XXI secolo.

E alla fine il miracolo è successo, ancora una volta. Applausi a non finire, i musicisti che si abbracciano, il pubblico che non vuole lasciare andare via il Divino. La sinfonia ormai è una composizione a quattro mani, le due di Beethoven e le due di Abbado, non si intravvede più il confine tra l'autore e l'interprete.

Il sangue si è liquefatto e tutti ne siamo stati testimoni.

Il Miracolo è avvenuto ancora.

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